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CLIANTHA

Lo scambio automatico è realtà: “Primi effetti nel 2018”

L’ordinanza volta a combattere l’evasione fiscale è entrata in vigore con il nuovo anno: per ora verranno raccolti i dati bancari mentre gli scambi con l’Unione europea sono fissati per il 2018

BERNA – Con il nuovo anno è entrata in vigore in Svizzera l’ordinanza sullo scambio automatico di informazioni (SAI) in materia fiscale. Da questo momento possono essere raccolti dati bancari. I primi scambi con l’Unione europea (UE) avverranno dal 2018.

Nel luglio del 2014, il Consiglio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha approvato le nuove norme relative allo SAI, ricorda l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) sul suo sito. Assieme a un centinaio di Stati, Berna si è dichiarata pronta ad adottare queste disposizioni per lottare contro l’evasione fiscale.

In Svizzera, banche, istituti finanziari e assicurativi raccoglieranno informazioni relative ai clienti con residenza fiscale all’estero. Questi dati saranno trasmessi all’AFC, che li comunicherà in seguito alle autorità fiscali straniere.

Per ora Berna ha concluso, o intende concludere, accordi per l’introduzione dello SAI con l’UE e una trentina di Paesi, indica il sito della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI). Gli scambi avverranno dal 2018, a patto che la procedura di approvazione delle nuove norme sia conclusa in tempo.

Scambio automatico, una lunga storia – In Svizzera, la storia dell’evasione fiscale portata avanti all’ombra del segreto bancario è lunga. Non si è trattato di un braccio di ferro continuo con le autorità estere, ma ci sono stati dei conflitti, rileva Sébastien Guex, professore di storia contemporanea all’Università di Losanna.

A suo avviso il primo contenzioso è datato 1907 e oppone Berna a Parigi. Tutto nasce dall’introduzione in Francia, nel 1901, della progressività dell’imposta sulle successioni. Questo apre la porta all’imposta progressiva sul reddito e la sostanza, che si materializza nel 1914. Preoccupati, i grandi patrimoni francesi mettono i loro beni al riparo dal fisco, in Gran Bretagna, Belgio e soprattutto Svizzera.

Il governo francese pensa di correre ai ripari con una convenzione internazionale sullo scambio automatico di informazioni fiscali. Nel 1907 Parigi e Londra siglano il primo accordo internazionale di scambio di dati fiscali, ogni tre mesi, nel quadro del diritto di successione. Autorità belghe e svizzere rifiutano invece in modo netto un’intesa di questo tipo.

Fra le due guerre mondiali si estende la finanza offshore e i banchieri elvetici puntano ancora maggiormente a posizionarsi sul «mercato internazionale della frode fiscale», secondo l’espressione coniata dallo storico Christophe Farquet. Le amministrazioni fiscali svizzere adottano leggi favorevoli e le banche accolgono fondi illeciti.

La repressione della frode si rafforza con la crisi del 1929, così come con ogni crisi fino al 2008. La Germania introduce pesanti pene di prigione e i governi degli Stati vicini cercano di spiare le banche elvetiche e ottenere liste con i nomi dei clienti.

La Banca commerciale di Basilea (BCB), uno degli otto grandi istituti elvetici di allora, si fa acciuffare nel 1932: perquisizione della sede parigina, arresti, conti bloccati. Ma i dirigenti svizzeri resistono e la vicenda rafforza il segreto bancario.

Berna vuole proteggere gli istituti elvetici dallo spionaggio estero. La legge sulle banche e le casse di risparmio del 1934 introduce l’articolo 47, tuttora in vigore, che punisce penalmente la violazione del segreto bancario.

«Dalla fine del XIX secolo la borghesia sogna di fare della Svizzera un paradiso fiscale e il primo gestore di patrimoni offshore al mondo», secondo Guex. Ci riuscirà, anche se con l’accelerarsi della globalizzazione, dal 1980, la competizione diventa feroce.

Attualmente il segreto bancario è in parte scomparso per la clientela straniera residente all’estero. Ma la volontà di ancorarlo nella Costituzione per i clienti elvetici domiciliati in Svizzera, come previsto da una iniziativa popolare, mira ancora, a suo avviso, a rafforzarlo.

Lo scambio automatico scoraggerà i «piccoli» patrimoni, ma avrà poca influenza sugli ultra ricchi, la clientela preferita dalle banche. Continueranno infatti a esistere i mezzi per aggirare la legge, giocando per esempio sulla residenza, secondo Guex.

Fonte: Tio